Il microfisiologo Matthias Hebrok e il team di ricercatori guidati dal Dr. Gopika Nair dell’Università della California di San Francisco (UCSF) sono riusciti ad ottenere cellule beta pancreatiche derivate da cellule staminali, aprendo così nuove speranze nel trattamento del diabete di tipo I.
Il diabete di tipo I è una malattia autoimmune che distrugge le cellule beta produttrici di insulina del pancreas, volte a regolare il livello di glucosio nel sangue. I picchi di glicemia causati da tale disfunzione possono danneggiare gravemente gli organi e in alcuni casi possono essere fatali.
Oggi è possibile controllare questa malattia grazie ai farmaci, ai quali il paziente è legato per la vita, oppure grazie al trapianto di pancreas o cellule pancreatiche, di cui si ha una disponibilità molto limitata. Negli ultimi anni sono stati molti i ricercatori che hanno cercato una soluzione per aggirare i problemi legati ai farmaci e ai trapianti, soltanto ora però tale soluzione potrebbe essere stata trovata.
Hebrok e i suoi colleghi hanno infatti studiato il modo in cui il pancreas produce le cellule beta per poterle riprodurre in laboratorio, a partire dalle cellule staminali: «Al momento possiamo generare cellule che producono insulina che somigliano e agiscono in maniera simile alle cellule beta pancreatiche che abbiamo nel corpo», spiega il microfisiologo.
I ricercatori hanno iniettato le cellule replicate in topi di laboratorio sani, registrando con successo che esse producevano insulina in risposta ai livelli di zucchero rilevati nel sangue. Lo studio – pubblicato lo scorso febbraio 2019 sulla rivista Nature Cell Biology – deve ora indagare, con l’aiuto di bioingegneri e genetisti, se è possibile trapiantare queste cellule in persone affette da diabete di tipo I evitando che il loro sistema immunitario le distrugga.
Per fare ciò sarà necessario utilizzare la tecnica CRISPR – Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats – per modificare geneticamente le cellule replicate e renderle “invisibili” al sistema immunitario: «Questo rappresenta un passo fondamentale verso il nostro obiettivo di creare cellule che potrebbero essere trapiantate nei pazienti con diabete», conclude Matthias Hebrok.